Poi i tempi si fecero più difficili, anche perché non avevamo sponsor: avevamo sempre insistito su una identità unitaria (uno dei pochi luoghi, in quei tempi, in cui compagni del PCI e della nuova sinistra lavorassero insieme, su contenuti e progetti), per cui non appartenevamo a nessuno; e avevamo sempre insistito sulla capacità di fare da soli, di contare sulle nostre forze senza dipendere da sostegni istituzionali che peraltro nessuno ci offriva. Forse era uva acerba, ma era così.
Poi le cose divennero ancora più difficili, il movimento che avevamo individuato come nostro interlocutore si andò rarefacendo, la musica popolare ebbe una fase di eclissi, e mentre il nostro lavoro veniva crescendo e affermandosi sul piano individuale, come collettivo non ce la facevamo più nemmeno a pagare l’affitto dell’umido seminterrato di San Lorenzo (tanto umido che dovemmo rinunciare al nostro progetto più importante: l’archivio sonoro. Mettere i nastri lì dentro significava distruggerli). Portammo avanti ancora la rivista per un po’, facemmo un grosso convegno per il ventennale della fondazione, ma di fatto all’inizio degli anni ’90 il Circolo Gianni Bosio non esisteva più. Però esistevamo ancora noi, come singoli che continuavano ad avere le stesse passioni di sempre, e soprattutto come un gruppo di amici che erano tenuti insieme dalla storia comunw e da quelle passioni condivise.
Così dopo un po’ di estati e di cene insieme, nel 1999 ci venne voglia di ricominciare: mandammo un messaggio in giro e alla “cena di reinaugurazione” che facemmo al Baffo della Gioconda – un locale di movimento che stava proprio in quello spazio di via degli Aurunci dove avevamo avuto la prima sede del Circolo – ci trovammo un centinaio di persone, tutte legate in modi diversi alla storia del Circolo (compresi modi di cui non ci eravamo nemmeno accorti a suo tempo: l’influenza del Circolo era andata oltre quello che pensavamo). Poi presero contatto con noi persone più giovani, che venivano da studi di antropologia e di storia all’università (ma, soprattutto, da un rapporto con i compagni della Lega di Cultura di Piadena), e da lì abbiamo. ricominciato.. E siamo riusciti a fare cose che allora avevamo solo desiderato, a partire dall’archivio.
Forse aveva ragione il poeta De Acutis, quando la sera del 4 giugno 1999 in cui reinaugurammo il Circolo, cantò che era “solo sopito, non era mai morto”. Almeno nella nostra passione, è sempre stato cosi.
in “Il de Martino“. Rivista dell Istituto Ernesto de Martino
n.16-17 – 2005. Giorni cantati. La seconda vita del Circolo Gianni Bosio
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